Nell'oceano di Internet sono centinaia i siti che si occupano dell'affaire Moro, come è stato definito da Sciascia. Il mio blog si presenta come un progetto diverso e più ambizioso: contribuire a ricordare la figura di Aldo Moro in tutti i suoi aspetti, così come avrebbe desiderato fare il mio amico Franco Tritto (a cui il sito è certamente dedicato). Moro è stato un grande statista nella vita politica di questo paese, un grande professore universitario amatissimo dai suoi studenti, un grande uomo nella vita quotidiana e familiare. Di tutti questi aspetti cercheremo di dare conto. Senza naturalmente dimenticare la sua tragica fine che ha rappresentato uno spartiacque nella nostra storia segnando un'epoca e facendo "le fondamenta della vita tremare sotto i nostri piedi".
Ecco perchè quel trauma ci perseguita e ci perseguiterà per tutti i nostri giorni.

giovedì 30 aprile 2009

CASO MORO: VATICANO PRONTO AL RISCATTO 50 MILIARDI MA FERMATO ALL'ULTIMO

Ho parlato nei post precedenti di una verità a puntate, di episodi e documenti che vengono fuori a scoppio molto ritardato, appena si avvicinano le date del 16 marzo o del 9 maggio. Ecco un altro esempio ...


Aldo Moro stava per essere salvato grazie ad una iniziativa del Vaticano. Le Br avevano infatti accettato di liberare lo statista Dc in cambio di 50 miliardi di lire, che erano stati raccolti e offerti come riscatto per volonta' del papa Paolo VI.
L'operazione era stata condotta in modo riservatissimo da un religioso, il francescano padre Enrico Zucca che riferiva delle sue iniziative a mons. Pasquale Macchi, il segretario del papa.

Nella vicenda compare anche un terzo religioso, mons.Cesare Curioni, cappellano del carcere di San Vittore, ma soprattutto ordinario, capo cioe', dei cappellani delle carceri italiane, che fu incaricato insieme a padre Zucca di reperire l'ingente somma del riscatto.

Tutto era pronto per lo 'scambio' ma qualcosa, o meglio qualcuno all'ultimo momento - nell'ultima notte del sequestro - si e' intromesso per impedire la liberazione col riscatto e portare la conclusione della vicenda alla morte di Moro.

Questo scenario, sostenuto da una serie di testimonianze personali di parte ecclesiale e vaticana, ha importanti riscontri in una serie di documenti relativi al servizio supersegreto che dal dopoguerra e' giunto agli anni '80 attraversando la vita politica e istituzionale italiana in modo ancor piu' coperto di ''Gladio''.

Nei primi anni di questo servizio supersegreto addirittura non c'e' stato un nome, perche' veniva identificato in codice come il ''noto servizio'' (e' il caso dell'appunto di Polizia del 4 aprile 1972). Solo piu' tardi a questa sorta di piccola Cia italiana che rispondeva direttamente ai presidenti del Consiglio venne dato il nome di ''Anello''.

Una accurata documentazione, che ha permesso una prima ricostruzione della storia dell'Anello, e' offerta dal volume ''L'Anello della Repubblica'' di Stefania Limiti (Ed. Chiarelettere).

L'esistenza del servizio supersegreto e' venuta alla luce casualmente con il ritrovamento di una serie di 265 fascicoli nelle carte di un archivio semiabbandonato in un deposito in Via Appia, a Roma, in un palazzetto di proprieta' del Ministero dell'Interno. Era l'archivio, o una parte di esso, dell'Ufficio Affari Riservati del Viminale per tanti anni retto dal prefetto Federico Umberto D'Amato.

Era il mese di novembre del 1996 e da allora i polverosi fascicoli relativi ai grandi misteri d'Italia (dal caso Mattei al caso Moro) sono rimasti accatastati insieme a tutto l'archivio e sono stati individuati solo nel maggio del 1998 grazie ad una paziente ricerca nell'ambito dell'inchiesta sulla strage di Piazza Fontana condotta a Milano dal giudice Salvini.

E' in questa ricostruzione documentale che si rivela il tentativo vaticano di salvare Aldo Moro. Ma il lato assolutamente nuovo e' che tutto - dal tentativo di riscatto alla sua brusca chiusura - sarebbe avvenuto nel quadro del servizio supersegreto di Anello, anche se questo non si presenta come un confine chiuso perche' presuppone a sua volta un quadro piu' ampio fatto dalle relazioni internazionali.

Padre Enrico Zucca era una sorta di cappellano di Anello.

In realta' il religioso non si limitava all'assistenza spirituale, visti anche i suoi trascorsi fatti di rapporti continuativi e organici con l'ambiente dei servizi fin dagli anni del fascismo. Rapporti protrattisi anche negli anni della Rsi e poi nel dopoguerra quando il servizio rinacque con la guida del generale Roatta e poi con la ristrutturazione dell'ufficiale ebreo-polacco Otimsky.

Padre Zucca, priore dell'Angelicum, la sede provinciale dei frati minori a Milano, era amico e collaboratore del piu' noto padre Agostino Gemelli (il fondatore dell'Universita' cattolica del Sacro Cuore) e fu un personaggio attivo negli anni della nascita della Dc con frequentazioni abituali dei suoi principali esponenti, da De Gasperi a Fanfani e ad Andreotti.

Sul caso Moro viene ricostruita passo passo la trattativa vaticana culminata con il ''contatto'' con le Br e l'accettazione del riscatto. ''Ma all'ultimo momento - scrive la Limiti - colui che doveva incontrare mons. Curioni e che aveva il contatto con i sequestratori di Moro, telefono' spiegando che chi era al di sopra di lui aveva ricevuto una pesante minaccia che l'aveva obbligato ad abbandonare tutto e lasciare Roma''.

''Colui che aveva il contatto'' dalle testimonianze rese da padre Zucca era una persona che lo aveva avvicinato in confessionale. In realta' dalla stessa documentazione si ricava che la confessione e' stata uno schermo per coprire un'iniziativa propria insieme ad un altro autorevole componente di Anello, forse quell'Adalberto Titta che ritornera' sulla scena in un nuovo caso di rapimento delle Br: quello di Ciro Cirillo il dirigente campano della Dc che venne liberato a Napoli proprio con il pagamento di un riscatto con modalita' che ricordano molto quelle che erano state predisposte per liberare Aldo Moro. Riscatto e trattative condotte dal Titta che si era avvalso anche di 'aiuti' da parte della nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo.

In ambedue i casi le Br fecero interrogatori e ottennero 'confessioni' da parte dei sequestrati. Le registrazioni e le trascrizioni (quelle originali e complete) non vennero mai ritrovate. La differenza, sottolinea l'inchiesta ponendo l'ultimo interrogativo, sta nel fatto che Cirillo e' stato restituito vivo mentre Moro viene ucciso: perche'? Con Moro, e' la risposta che in sostanza viene indicata dal volume, piu' dell'uomo interessavano i segreti rivelati, ma anche la chiusura di una fase politica la cui decisione ha pero' sovrastato le Br rivelate a se stesse come una pedina in uno scacchiere molto piu' grande.

www.asca.it

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