Nell'oceano di Internet sono centinaia i siti che si occupano dell'affaire Moro, come è stato definito da Sciascia. Il mio blog si presenta come un progetto diverso e più ambizioso: contribuire a ricordare la figura di Aldo Moro in tutti i suoi aspetti, così come avrebbe desiderato fare il mio amico Franco Tritto (a cui il sito è certamente dedicato). Moro è stato un grande statista nella vita politica di questo paese, un grande professore universitario amatissimo dai suoi studenti, un grande uomo nella vita quotidiana e familiare. Di tutti questi aspetti cercheremo di dare conto. Senza naturalmente dimenticare la sua tragica fine che ha rappresentato uno spartiacque nella nostra storia segnando un'epoca e facendo "le fondamenta della vita tremare sotto i nostri piedi".
Ecco perchè quel trauma ci perseguita e ci perseguiterà per tutti i nostri giorni.

giovedì 7 gennaio 2010

Una lettera di Moro al cardinale Siri: «La Chiesa resti con la Dc»

L’ apertura a sinistra era un prezzo da pagare per mantenere l’unità politica dei cattolici. Con questa argomentazione Aldo Moro, segretario politico della Dc, nel dicembre 1962 cerca di convincere il cardinale Giuseppe Siri, presidente della Cei, della necessità della svolta sancita alcuni mesi prima dal congresso di Napoli. È quanto emerge da una lettera che lo stesso Moro invia al cardinale, e pubblicata nel libro Siri, la Chiesa, l’Italia (Marietti 1820, pp. 418, 25 euro), una raccolta di saggi di vari autori dedicati all’arcivescovo di Genova, curata dal professor Paolo Gheda, che oltre a riportare numerose fonti inedite propone nuove ipotesi di lettura e di interpretazione sulla figura del cardinale genovese. Copia della lettera riservata di Moro a Siri è stata ritrovata da Gheda nell’archivio del cardinale Montini, che pochi mesi dopo sarebbe divenuto Papa. E dimostra che, al di là delle innegabili differenze di approccio alla politica italiana, i due arcivescovi più in vista dell’episcopato del nostro Paese in quel frangente agivano concordemente: nessuno vedeva di buon occhio l’apertura a sinistra – erano profondamente anticomunisti sia Montini che Siri come pure Giacomo Lercaro, l’arcivescovo di Bologna – ma tutti ritenevano che andasse salvaguardata l’unità politica dei cattolici nella Democrazia cristiana. E dunque concludevano, pur con accenti diversi, che l’alleanza tattica con i socialisti dovesse essere il prezzo da pagare per mantenere la centralità del partito cattolico al governo del Paese.
Moro, nella lettera, ribadisce a Siri, che la Dc ambisce a «esprimere, sul terreno politico, in modo unitario il mondo cattolico, riflettendone le fondamentali esigenze morali e religiose, assumendo la difesa, nella massima misura possibile, del magistero della Chiesa nella società civile». La scelta dell’apertura a sinistra, dunque, pur ancora discussa, è necessaria perché «non vi è, nell’attuale parlamento un’alternativa democratica alla presente formula di governo». Inoltre, l’apertura a sinistra – spiega ancora Moro al cardinale presidente dei vescovi italiani – favorisce «il processo di autonomia del partito socialista e il conseguente isolamento del partito comunista». Il segretario della Dc cerca di rassicurare Siri: il partito intende «accentuare la sua caratterizzazione di partito d’ispirazione cristiana ed il suo collegamento con quel mondo cattolico, dal quale essa sempre ha ritratto e continua a ritrarre, il contenuto dottrinale, alte ragioni ideali, la preparazione e la sensibilità dei suoi uomini più qualificati a tutti i livelli». Il contatto con la gerarchia non dovrà quindi appannarsi, ma anzi rinsaldarsi, proprio nella fase in cui sarà necessario dialogare «con forze di diversa ispirazione ideale».
Nella lettera riservata al cardinale di Genova, lo statista democristiano spiega che la Dc, grazie al suo stretto collegamento con la Chiesa, intende scegliere candidati graditi ai vescovi in modo da evitare «che seri rilievi d’ordine morale e religioso riguardo alle persone possono essere formulati» da parte ecclesiastica, «con l’effetto di creare difficoltà e disagio di coscienza per l’elettorato cattolico». E chiede di risolvere in modo diretto, unitario e tempestivo eventuali problemi al riguardo.
Il cardinale Siri attende diversi giorni prima di rispondere a Moro. Poi, il 12 dicembre, gli scrive, confermandogli di aver favorito «le buone disposizioni dei vescovi per un’azione che possa essere utile tanto al bene delle anime quanto al supremo interesse della Patria». Dunque Siri non si oppone, ma anzi rassicura Moro. Gli dice di aver esercitato la sua influenza sui vescovi per far loro comprendere le ragioni del segretario democristiano, che sulla scelta dell’apertura a sinistra si stava giocando la leadership nel partito.
Vale la pena di ricordare che alcuni mesi prima, all’inizio del 1962, il segretario democristiano aveva avviato una parziale consultazione nell’episcopato italiano sull’opportunità di aprire ai socialisti. Poco più della metà degli interpellati non appariva sostanzialmente sfavorevole all’ipotesi, anche se dal sondaggio erano state tagliate fuori intere regioni, come ad esempio la Liguria, il cui episcopato era presieduto da Siri. Meno di un anno dopo però Moro chiede proprio a lui un aiuto per far sì che i vescovi sostengano la scelta. Una scelta che, si evince dalla lettera del segretario Dc, era sostanzialmente di tipo tattico, un’alleanza strategico-elettorale, e non una condivisione di principi, ed era tesa a mantenere la centralità del partito democristiano.

Andrea Tornielli
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